La mia antica professoressa di filosofia insegnava a noi studenti liceali che le leggi scritte furono introdotte nel secondo millennio avanti Cristo a garanzia della certezza del diritto.
Caratteristiche della legge devono essere la chiarezza con cui se ne espone il dettato, e la sua applicabilità senza possibilità d’interpretazioni più o meno di comodo.
Che non sia così oggi, e forse non lo sia mai stato in passato, temo sia tristemente indiscutibile.
Comunque sia, il membro della comunità deve essere messo nella condizione di rispettare la legge senza doversi tormentare con dubbi, e senza subire il timore di incorrere in sanzioni equivocando per mancanza di chiarezza su ciò che la legge intende davvero.
A fronte della situazione che stiamo vivendo, credo sia mio diritto sapere perché le leggi in vigore non siano rispettate addirittura da chi legifera, oltre che da chi è chiamato a controllare che la legge sia osservata.
Un esempio banale è l’uso della maschera “anti-Covid”. Non mi ripeterò qui riportando le evidenze che dimostrano senza possibilità di essere contraddette non solo l’inefficacia di quei presidi, ma la loro patogenicità. Qui vorrei soltanto una risposta da qualche esperto di diritto da cui non pretendo competenza sanitaria.
L’art. 85 TULPS riporta: “È vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da euro 10 a euro 103. È vietato l'uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l'osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall'autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto. Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con la sanzione amministrativa da euro 10 a euro 103.”
A me, uomo della strada, pare che non possano esistere dubbi d’interpretazione. Quanto alle “eccezioni” menzionate dal testo, io capisco che sono le autorità locali ad esserne competenti, che queste sono tenute a darne pubblicità con “apposito manifesto”, e che sono pure obbligate a determinare il periodo di applicazione del momento eccezionale. Nulla di tutto ciò è stato fatto in tema di maschere “anti-Covid” il cui uso come è fatto, “per obbligo” o per libera scelta che sia, è palesemente illegale.
L’art. 414 del Codice penale recita: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione: 1. con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; 2. con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.”
Anche in questo caso, mi pare che la chiarezza non manchi. Chi “consiglia” l’uso della maschera che l’art. 85 TULPS vieta, istiga con ogni evidenza a delinquere. Dunque, va sanzionato.
Ma spesso non si è al cospetto di un “consiglio”, bensì di un’imposizione. E, allora, io leggo l’art. 610 del Codice penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.”
Nulla di più chiaro.
Sempre vestendo gli abiti dell’uomo della strada, a me pare che essere costretti ad infrangere la legge, e questo prescindendo dal danno che se ne può ricavare in termini di salute, tema su cui molto ci sarebbe da discutere anche sotto l’aspetto legale, sia un reato.
A questo punto, però, ecco che, probabilmente, come accade per i medici incapaci che, non sapendo rispondere ad un’obiezione che li riguarda professionalmente, ribattono con goffa arroganza che per poter obiettare occorre una laurea in medicina (!), potrebbe entrare in scena il giurisperito, cavillando esattamente come fanno certi “costituzionalisti” da trattamento sanitario obbligatorio.
Io una laurea in giurisprudenza non ce l’ho, ma questo non toglie che io debba essere in grado di rispettare la legge. E, per farlo, la legge mi deve essere chiara. Se non lo è, è una truffa.
C’è qualcuno capace di offrirmi una spiegazione senza offendere la sua e la mia, pur modesta, intelligenza?
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