Caro Popolo Italiano (scritto con le maiuscole), permettimi di farti una domanda alla quale vorrei che tu mi rispondessi sinceramente: ammettiamo che tu non ti senta tanto bene e che tu ritenga sia il caso di chiamare un medico, magari il tuo, per una diagnosi e, se sarà il caso, per avere un consiglio terapeutico. Saresti soddisfatto di sentire una vocetta telefonica che ti dice di prendere un po’ di Tachipirina (il prodotto commerciale tanto caro al nostro Speranza Roberto) e restare in “vigile attesa”? Attesa di che non è stato reso noto, ma che importa? Non credi che sarebbe più opportuno avere un medico che viene a casa tua, che ti visita, e che ti dà il consiglio del caso?
Sappi che da un po’ di tempo la seconda opzione è a dir poco improbabile.
L’Italia pullula di laureati in medicina (una laurea non si nega a nessuno) che operano alla stregua di pappagalli addestrati a ripetere una frasetta certo non farina del loro sacco. Che ne capiscano o no il significato è irrilevante. I medici, quelli veri, si stanno estinguendo sotto le bordate di un ente che lo stato di dittatura vigente mi consiglia di non aggettivare. Quell’ente, per la cronaca l’Ordine del Medici, ha licenza di proibire l’esercizio della professione a chi, pur laureato e forte dell’esame di stato di abilitazione, vorrebbe agire “in scienza e coscienza” come, ormai grottescamente, recita l’ipocrita deontologia di chi, alla maniera di tale Ippocrate, dovrebbe fare solo l’interesse di chi a lui si rivolge.
In passato i signori che conducono quell’ente continuarono benevolmente ad accogliere tra loro chi spaccava le ossa dei pazienti per fare un po’ di esperienza ortopedica, chi spacciava sangue infetto, chi stringeva alleanze non sempre dichiarate con i produttori di farmaci, e altri luminosi esempi del genere. Oggi gli stessi personaggi, senza provare alcuna vergogna, si permettono di bandire dalla professione chi non fa “un mestiere come un altro” ma segue, romanticamente?, una vocazione.
L’ultimo esempio di questa soperchieria è a carico di un medico che non solo non ha mai abbandonato i suoi malati, ma si prendeva cura di sconosciuti, correndo dove lo chiamavano come una pallina da flipper, prestando soccorso a chi il medico non ce l’aveva più, perché chi risponde (quando risponde) al telefono “Tachipirina e vigile attesa” tutto è fuorché un medico.
Il medico di cui parlo è il dottor Fabio Milani, medico vero, uomo vero, della cui amicizia vado orgoglioso.
Se tu, popolo italiano, deciderai di mandarmi in senato, sappi che non mi risparmierò per ottenere l’abolizione di tutti gli ordini professionali, retaggi medievali diventati qualcosa che non nominerò. Se me ne darai la possibilità, il primo ad essere chiuso sarà l’Ordine dei Medici, e, chissà, magari un magistrato che abbia voglia di applicare la legge chiamerà qualcuno a rispondere delle sue azioni. Nessuna condanna da parte mia e nessuna pretesa di vendetta: solo la richiesta, credo legittima, che si faccia giustizia.
Intanto, lasciatemi abbracciare l’amico Fabio, certo che all’abbraccio si uniranno tutte le persone che, pagandolo caro, Fabio ha salvato.
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