La legge è uguale per tutti e a tutti deve essere comprensibile. Questo, semplicemente, per legge che si descrive da sé.
Ancora una volta, ammetto la mia incapacità di capire e mi permetto di pormi qualche domanda: vergognarsi di essere italiano è un reato? O è un reato mettere qualcuno in condizione di vergognarsene? Commettere reati chiaramente contemplati dalla legge è reato? Non commettere reati è reato?
A darmi occasione d’interrogarmi è un fatto avvenuto qualche giorno fa nella città di Urbino, sede non solo di un’università ma di un bar chiamato Città del Sole. https://www.byoblu.com/2022/02/09/urbino-blitz-dei-carabinieri-in-un-bar-per-una-frase-sulla-lavagna/
Vuole il caso che il proprietario del locale abbia esposto una lavagna su cui campeggiava a gesso la scritta “RACCOMANDIAMO ALLA GENTILE CLIENTELA DI NON SMETTERE DI VIVERE PER LA PAURA DI MORIRE”, frase che ad un ingenuo come me pare tanto condivisibile quanto innocente.
Pare, invece, che dietro quella raccomandazione si celi altro. Che cosa? Non è dato sapere. O c’è chi lo sa e non ha voglia di dirlo?
Sia quel che sia, al bar arrivano militi assortiti in successione che intimano al proprietario del bar di togliere immediatamente quella scritta, informandolo che, se non eseguirà l’intimazione... Poi i militi scattano fotografie che documentano obiettivamente il fattaccio.
A questo punto, non posso altro che pensare che, ad autorevole parere dei militi assortiti, la raccomandazione dovrebbe essere opposta, vale a dire “RACCOMANDIAMO ALLA GENTILE CLIENTELA DI SMETTERE DI VIVERE PER LA PAURA DI MORIRE”.
A parte ciò che, a mio parere (articolo 21 della Costituzione), rappresenta un’opinione personale, e accettando secondo Costituzione pure il suo eventuale contrario, mi domando dove stia l’illecito con tanto di necessità di mobilitare una varietà di forze dell’ordine.
Anni fa, trovandomi in una ridente cittadina toscana, m’imbattei in una scritta apposta su una botte di fronte ad un’osteria in cui s’invitavano i possessori di cani a far sì che questi animali, affettuosi e simpatici sì, ma a volte indisciplinati e caratterizzati da una prostata dispettosa, non dessero sollievo a certe necessità fisiologiche contro l’ornamento del locale: “SI PREGA GENTILMENTE DI NON FAR PISCIARE I CANI ALLA BOTTE GRAZIE”. Forse lì qualcosa ci sarebbe stato da ridire, stante il fatto che, se si vuole andare fino in fondo, con quell’invito apparentemente gentile si poneva un ostacolo alla soddisfazione d’impellenze che accomunano tanti esseri viventi. Eppure, a mia conoscenza, nessun milite intervenne, e i cani, senza difesa delle forze dell’ordine e forse in condizione d’urgenza, dovettero educatamente recarsi altrove, magari in tutta fretta.
E, allora, se nessun provvedimento fu preso in quel frangente che a me pare non poco più grave, come mai si dispiegano ora le forze di valorosi militi assortiti al cospetto di una almeno apparentemente banale raccomandazione che potrebbe trovare ospitalità in qualunque libricino di filosofia spicciola?
Senza che ce ne fosse bisogno, Norimberga fu chiara in proposito: quando si eseguono ordini illeciti, la responsabilità cade su chi quegli ordini li esegue, senza che aver ricevuto un comando costituisca un’attenuante. Da qui, ecco che l’illecito del caso mi appare essere a carico dei militi i quali, se ho inteso correttamente la legge dell’anno di grazia 2021 (che potrebbe aver visto trasformata del tutto la vecchia filosofia del diritto), dovranno necessariamente risponderne. Questo non significa che saranno condannati ma, molto semplicemente, che un giudice dovrà sentenziare in proposito motivando in maniera acconcia la sentenza.
Dando per scontata la mia incompetenza, se nulla accadrà e la lavagna non ricomparirà, temo che dovrò dare a me stesso risposta alle domande che mi sono posto all’esordio di queste righe, e non giurerei che le risposte facciano onore a questo stivale in uno stato di conservazione che, chissà, potrebbe essere migliorato.
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