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Il sano immaginario

il blog di stefano Sep 04, 2024

La lettera, gentile ma perentoria, non era tale da suscitare discussioni: bisognava andare, e Carletto andò.

Ad aprire la porta fu qualcuno abbigliato all’incirca come un palombaro.

“Ho ricevuto...” tentò di dire Carletto, ma non ce la fece a finire la frase. Il palombaro indicò un tavolino. Carletto non capì, e porse la lettera. Dal casco del palombaro uscì un grido sopranile: in quella tuta c’era, dunque, una femmina, e quella femmina fece un balzo indietro. La lettera cadde a terra, e il palombaro-donna le si parò davanti. Carletto capì: quel foglio non doveva essere toccato.

La porta si aprì automaticamente.

In fondo alla stanza c’era una scrivania isolata da uno schermo trasparente che andava dal pavimento al soffitto. Dietro la scrivania stava seduto un tale abbigliato in una tuta bianca, inguantato e incappucciato da un casco trasparente collegato a un tubo.

“Ho ricevuto...”

No: nemmeno ora Carletto riuscì a finire la frase.

“Si accomodi,” disse la voce metallica che usciva da un piccolo altoparlante contenuto in un sacchetto appeso al muro.

“Ho rice...”

“Ha fatto il tampone?”

“Il... L’ho fatto ieri.”

“E il tampone anale?”

“Il... No... Veramente...”

“Perché?”

Carletto arrossì e “Mi... Mi vergognavo,” balbettò.

Il tale prese una bacchetta che portava ad un’estremità un batuffolo di cotone che intinse in una vaschetta piena di un liquido verdastro. Poi, estratta la bacchetta, con quella premette un bottone.

La porta si aprì ed entrò il palombaro. Nel guanto teneva un taser, la pistola elettrica immobilizzatrice. Sparò. Carletto perse per qualche secondo i sensi, e, recuperateli, si ritrovò senza pantaloni e con qualcosa infilato laddove aveva confessato di provare vergogna.

Silenzio. Passò almeno un quarto d’ora, prima che la voce sopranile annunciasse attraverso un altoparlante: “Negativo!”

“Sono il dottor Bassotti,” disse allora, attraverso il microfono che evidentemente era contenuto nel casco, il tale inguainato di bianco.

Carletto recuperò alla bell’e meglio i pantaloni, mentre il pomo d’Adamo gli correva veloce su e giù.

“Da qui risulta chiaro: lei è asintomatico!”

“Io...”

“Sì, egregio signore: lei è asintomatico!”

“Che cosa sarebbe?”

“Sarebbe che lei non ha alcun sintomo!”

“Sintomo di...?”

“Non faccia il finto tonto: lei non ha sintomi della malattia!”

“Vuol dire che... Vuol dire che sto bene?”

“Asintomatico! Ha capito? Vuol dire che lei è pericolosissimo! Si rende conto? Lei potrebbe uccidere chissà quante persone: centinaia, migliaia, milioni, miliardi, fantastiliardi! Lei è un untore!”

“Ma...”

“Come tutti i soggetti come lei, gli asintomatici!, lei se ne va a spasso a spargere il morbo! Lei è pericolosissimo! Lei fa credere a chi è ignorante e ingenuo che, se non ci sono i sintomi, non c’è la malattia! Un’eresia!”

Arrivò un altro colpo di taser e Carletto si trovò legato dentro un sacco di plastica.

“Faremo per lei tutto quello che la scienza ci permette di fare, - disse la voce metallica – e per lei è già pronta l’ambulanza per il ricovero.”

“Il...?”

“...ricovero. Il ricovero nel reparto Asintomatici. Lì gli addetti si prenderanno cura di lei, sempre che la scienza possa ancora fare qualcosa. Purtroppo non è detto: gli asintomatici sono i soggetti più difficile! Ci si prova!”

L’ambulanza squarciò il silenzio della città, una città completamente deserta, dove da qualche finestra appena socchiusa qualcuno dei reclusi per il bene di tutti guardava.

Al banco dell’accettazione un computer annunciò: “Nuovo arrivo!”

Carletto fu afferrato per le ascelle da due oranghi che lo sollevarono, lo infilarono in un letto racchiuso tra quattro pareti trasparenti, e gl’infilarono la testa in un casco.

Dal materasso spuntarono due aghi, e Carletto se li ritrovò nelle braccia.

Quando si svegliò, una voce rimbombò: “Per il suo bene, lei è ricoverato nel reparto Asintomatici. Per motivi di sicurezza, tutto il personale è composto da scimmie...”

“Da...?”

A Carletto le parole uscivano a fatica. Il casco non lo faceva respirare.

Passarono i giorni. Quanti, Carletto non avrebbe saputo dire.

Ogni poche ore spuntavano gli aghi e la voce ripeteva: “Per il suo bene, lei è ricoverato nel reparto Asintomatici. Per motivi di sicurezza, tutto il personale è composto da scimmie...”

Un giorno, per il suo bene, Carletto morì, e, per il bene di tutti, il suo corpo venne cremato.

La scienza non aveva potuto fare nulla ma, del resto, con gli asintomatici...

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