È un peccato che ci sia chi snobba lo sport. Venticinque e più secoli fa, nella culla della civiltà europea, lo sport faceva parte della cultura bassa, alta e altissima (il filosofo Aristocle, passato alla storia come Platone, era un eccellente giavellottista) e lo sport faceva addirittura parte della religione. Leon Battista Alberti era un atleta eclettico e, tra i vari sport, brillava nel salto in alto. Nella Gran Bretagna di un tempo praticare sport era un’ovvietà per la nobiltà e l’alta borghesia. Giacomo Leopardi, sulle cui doti atletiche sorvolo, dedicò una poesia ad un giocatore di pallone, e Umberto Saba cantò il goal del calcio. Le Olimpiadi moderne sono state inventate da un barone francese… Insomma, fatta salva la libertà di ognuno di comportarsi come preferisce e di dedicarsi a ciò che più gli aggrada, chi snobba lo sport è un po’ becero e un po’ incolto.
Ma oggi… Oggi lo sport vistoso, quello della tibbù, quello dei contratti multimilionari, quello delle Olimpiadi, di colto e di sacrale ha ben poco. Anzi – e lo dico con molta amarezza – non ha nulla.
Per motivi gastroenterici personali non torno sulla vergognosa cerimonia di apertura delle più squallidamente sguaiate e blasfeme olimpiadi moderne, e mi limito a far notare certi arbitraggi quanto meno sospetti. E che dire della farsa pericolosa delle gare nei liquami marroni della Senna? Già si è verificato un caso d’infezione di Escherichia coli a carico di Claire Michel, triatleta belga, che ha saggiamente indotto il ritiro di tutta la squadra. E che dire del tizio che si presenta sul ring della boxe femminile? E, ancora, che dire degli arancioni olandesi che schierano nella pallavolo da spiaggia un personaggio come Steven van de Velde che ha nel suo palmares lo stupro di una bambina? Per carità: come dicono i “politicamente corretti”, ha già pagato il suo debito con quattro anni di galera, ma c’era proprio bisogno di lui? Certo, di orrori nello sport ne abbiamo un vasto repertorio, ma la domanda è: è sport o è altro? Lo sport dovrebbe servire da esempio non solo muscolare ma, e soprattutto, morale. Però, evidentemente, io sono convinto di questo perché sono un illuso fuori tempo.
Lo sport non è solo un gioco: è da sempre una rappresentazione allegorica della vita umana: la caccia, la guerra, la bellezza del gesto… Oggi? Oggi è ancora così: tutto ciò che di ripugnante vediamo nello sport è una rappresentazione della vita che stiamo consegnando ai nostri figli.