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Da San Giorgio a Leopardi

il blog di stefano Apr 02, 2022

Passata è la tempesta:

Odo augelli far festa, e la gallina,

Tornata in su la via,

Che ripete il suo verso.

 

Così poetava Leopardi, il letterato che, secondo un liceale classico (la classe dirigente in arrivo), “morì di gobba.”

Prescindendo dal certificato di morte, visto che, a quei tempi, il Covid era di là da venire, che la tempesta sia davvero passata ho qualche dubbio.

Il virus, che nessuno ha mai visto ma che non per questo non risiede nelle nostre povere vite (hic manebimus optime), non è affatto scomparso dall’arsenale di chi se ne è servito con immenso profitto fino ad ora. Ubbidiente, lui, il virus, sa che su certe classi d’individui, tra la nuova legalità e la nuova scienza, può ancora colpire, e così è per certi ambiti, anche piuttosto impegnativi come, ad esempio, quello di doversi esimere dal'aggredire chi sta ballando, mentre diventa per decreto esiziale non appena il ballerino si siede.

Dove il virus (veleno in latino) ha colpito forse a morte è su tante menti, e basta uscire di casa per vedere automobilisti solitari velati come signore provenienti da terre lontane. O per vedere ragazzini che pedalano su piste ciclabili campagnole con orifizi sbarrati al respiro.

Ieri, per necessità di casa, ho fatto un salto al supermercato, dove, a scadenze di pochi minuti, una voce orwelliana echeggiava ordinando d’indossare la salvifica maschera accuratamente tirata fin sul naso e di stare ben lontani (un metro è la distanza che il virus diligentemente osserva) da ogni altro Homo sapiens, comunque potenziale killer.

Arrivato alla cassa, mi dispongo pazientemente in fila, fila dove resto per minuti trenta. Questo perché della trentina abbondante di corsie, solo sette o otto sono aperte. Il motivo illustrato dagli annunci affissi è che non c’è personale, il che potrebbe apparire curioso in una società dove il lavoro è denunciato come difficile da trovare.

Ad ognuna delle pur poche postazioni sedeva una gentile (?) signora o signorina, “regolarmente” mascherata e guantata. Ammetto di essere stato indeciso se provare pietà, rabbia o schifo. Schifo perché, come ampiamente noto tanto da essere stato comunicato dalla stessa OMS, il che è tutto dire, i guanti sono portatori di germi e non vanno indossati. Naturalmente, io ignoro se l’abbigliamento sia dettato dalla superstizione delle cassiere o dall’ansia di essere il primo della classe di chi dirige il supermercato. Resta il fatto che ho deciso per pietà e schifo, rinunciando alla rabbia.

In fila ormai da una ventina di minuti, vedo che nella corsia a fianco della mia arriva finalmente una giovinetta che ha tutta l’aria di aprire la cassa. E lo fa. Ma non prima di aver dedicato dieci minuti (cronometrati) a passare in ogni angoletto della postazione, giù fino ai piedi della sedia, un liquido che, nella sua mente, fa quello che San Giorgio fece al drago. Lo confesso: qui un po’ di rabbia è arrivata. Non ho la minima intenzione di entrare sull’efficacia di quei prodotti di cui, comunque, invito a leggere le schede tecniche e a scovarci una qualunque prova a favore. Mi limito a dire che io non li userei nemmeno sotto tortura e che in quel supermercato non ci tornerò.

Finalmente uscito da quell’assaggio di frenocomio, respiro. O, chissà, forse è meglio di no. Vedi mai che un virus cecchino…

Comunque all’aperto, ecco che, tornando a Leopardi, posso godere dello spettacolo delle galline che ripetono il loro verso. Non galline zoologicamente dette, ma bipedi implumi zampettanti all’aperto con bocca e naso (becco?) protetti in tutta sicurezza dietro una maschera. C’è pure chi di protezioni ne porta due, perché non si sa mai. Melius est abundare…

Concludo ricordando l’articolo 85 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), dove si recita testualmente che “È vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con Ia sanzione amministrativa da euro 10 (lire 20.000) a euro 103 (200.000).” Insomma, secondo la legge, chi si presenta pubblicamente mascherato delinque, e, come con raffinato sense of humour sta scritto nei tribunali, “la legge è uguale per tutti”.

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