Per chi ha stomaco e pazienza, riporto sotto per intero l’articolo comparso oggi 8 luglio 2022 a firma Mauro Miserendino e a titolo “Covid-19, il nuovo protocollo per i luoghi di lavoro. Ecco cosa prevede e come sono coinvolti i medici” datato 7 luglio e pubblicato su Doctor33 (http://www.doctor33.it/politica-e-sanita/covid-il-nuovo-protocollo-per-i-luoghi-di-lavoro-ecco-cosa-prevede-e-come-sono-coinvolti-i-medici/?xrtd=XRTAPVCPPYTAVYXYLRPLATY).
A questo punto, stante la mia condizione di persona con scarsa cultura e ancor più scarsa intelligenza, per di più afflitto da decenni di studi sul campo, sarei grato a chiunque avesse la bontà d’illustrarmi alcuni punti del documento. In mancanza di spiegazioni, sempre scusandomi preventivamente, mi pare di essere di fronte a una manifestazione la cui definizione non sarebbe salottiera.
Le domande sono:
1. In base a quali dati accertati di efficacia e di innocuità si RACCOMANDA l’uso delle maschere, peraltro espressamente vietate dalla legge italiana (art. 85 TULPS)?
2. Dove sono le prove relative all’efficacia delle varie SANIFICAZIONI? Io non ne ho trovate, al di là di affermazioni dell’oste che vanta la bontà del suo vino.
3. Di quali SANIFICAZIONI si tratta, visto che i trattamenti sono non poco diversi tra loro e piuttosto numerosi?
4. Dove sono le prove che giustificano il metro di distanziamento? Distanziamento da chi?
5. Chi è “più esposto” e chi è “fragile”?
6. Quali sono le situazioni “di rischio” e in base a che cosa vengono classificate come tali?
7. I virus non sono microrganismi. Quindi, si deve desumere che le mascherine FFP2 sono perfettamente inefficaci contro il virus di cui, peraltro, aspettiamo ansiosamente la prova di esistenza, stante il fatto che nessuno l’ha mai visto?
8. Che cosa s’intende per medico “competente”? Competente di che?
9. In che modo scaglionare accessi ed uscite dimostra un’efficacia nei riguardi della patologia?
10. Al di là di quanto riportato nell’articolo, in base a quali dati si insiste sulla somministrazione, addirittura per la quarta volta, di una tipologia di prodotto che ha palesemente dimostrato la propria inefficacia (per non dire altro), stando, almeno, a quanto le “autorità” continuano ad affermare, ripetendo che il morbo continua ad infuriare a dispetto di una “vaccinazione” (virgolette d’obbligo) di massa e reiterata? L’articolo parla di “recrudescenza” con questo certificando l’inefficacia delle misure adottate. E, allora, perché ricadere nell’errore ammesso come tale?
Ecco il testo:
“L'obbligo di portare la mascherina resta solo nei protocolli per i lavoratori di trasporti e sanità, studi medici inclusi. Nel resto del mondo del lavoro cade. Lo testimonia il protocollo fra Ministeri di Lavoro e Salute e sindacati firmato il 30 giugno scorso. Nel documento, come spiega una nota dell'Associazione nazionale dei Medici d'Azienda-Anma, "si conferma la non obbligatorietà all'uso di mascherine ma si indica una forte raccomandazione". Il presidio di riferimento è la maschera filtro FFP2, che l'azienda -accanto ai già previsti compiti di sanificazione di locali e strumenti- è tenuta a mettere a disposizione di tutti i lavoratori per favorirne la protezione "in tutte le situazioni di rischio quali assembramenti e impossibilità di garantire distanza di almeno 1 metro anche per brevi attività. «Si passa da un obbligo garantito ed universale esteso a tutte le figure di un ambiente di lavoro ad una protezione che nel pubblico come nel privato opera su lavoratori in situazioni particolari, più esposti o più fragili», spiega Piero Patané, presidente Anma. «Da una parte il protocollo chiede all'azienda di utilizzare per la protezione dei suoi lavoratori mascherine Ffp2, idonee a proteggere da microrganismi esterni, e non più chirurgiche. Dall'altra parte non si fa più di queste mascherine l'oggetto di un obbligo universale. Al posto dell'obbligo interviene una forte raccomandazione ad indossarle in situazioni a rischio, dove non si possa garantire la distanza interpersonale di un metro o superiore, e nella gestione dei lavoratori fragili, già destinatari, da tempo per interventi del medico competente, di prescrizioni relative al distanziamento, allo scaglionamento degli orari di entrata ed uscita, o di accesso alla mensa od agli spogliatoi».
Il protocollo afferma anche che i contesti considerati a rischio saranno di volta in volta individuati dal datore di lavoro di concerto con il medico competente o con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) "sulla base delle specifiche mansioni e dei contesti lavorativi(ed) avendo particolare attenzione ai soggetti fragili". Al punto 10 del testo si sottolinea poi che "Il medico competente collabora con datore di lavoro, RSPP e Rappresentanze dei Lavoratori per la sicurezza nell'identificazione ed attuazione delle misure volte al contenimento del rischio di contagio da Covid-19". Dal combinato di queste misure, alcuni media ipotizzano nuovi e più articolati compiti per il medico competente in materia di protezione dai contagi Covid sul luogo di lavoro. La nota Anma però precisa che sul medico competente il nuovo testo non attribuisce ai camici responsabilità in più. «Medico competente, che tiene sotto controllo situazioni di salute specifiche, e RSPP che tiene sotto controllo i percorsi di sicurezza, sono le figure chiamate a collaborare con il Datore di Lavoro e continueranno a dare indicazioni non generiche all'azienda», dice Patanè. In pratica, il governo prende atto che la pandemia è cambiata e le situazioni di pericolosità in termini di contagio vanno valutate di volta in volta da figure con competenze su salute e sicurezza. "Far discendere da ciò -scrive Anma- che il Medico Competente diventi il dominus che decide chi deve portare o no la maschera FFP2(immaginiamo in modo continuo perché nelle situazioni a rischio, essendo raccomandata a tutti, nessuna azienda si sottrarrà alla cogenza di questa misura)è una conclusione che non corrisponde ai contenuti del Protocollo e contraria alle norme vigenti". Tra l'altro, osserva Anma, "il medico competente non ha poteri decisionali e di spesa, è presente in azienda in modo discontinuo, ha un controllo dei processi aziendali limitato, riceve informazioni filtrate, segue una quantità di aziende spesso piccole e micro, né partecipa alla stesura di questi Protocolli di Intesa". Il protocollo conferma invece il ruolo del medico competente di collaboratore del datore di lavoro alla Valutazione dei Rischi e l'importanza della collaborazione fra Datore e MC "che nel caso della pandemia è stata fruttuosa e decisiva e che crediamo vada estesa a tutti i livelli di rischio per la Salute e la Sicurezza dei Lavoratori". Un'ultima osservazione è relativa all'assegnazione di lavoro in smart working ad alcuni dipendenti "fragili" a rischio in caso di contagio. «In questa fase di recrudescenza della pandemia -dice Patané- le aziende si muovono con criteri che variano in base alle esigenze organizzative e all'andamento del virus in linea con il comportamento dei mesi scorsi».”
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