Sulla porta del laboratorio campeggia in bella vista, in caratteri stampatelli e in rosso, la scritta “SI RICEVE SOLO SU APPUNTAMENTO”. Senza che ci si possa sorprendere, difficilmente passa un giorno senza che qualcuno, del tutto indifferente a quell’avviso evidentemente affisso a scopo decorativo, si attacchi al campanello accampando il diritto inalienabile non solo di entrare, ma di fare salotto con me. Meglio se a partecipare c’è anche mia moglie. Gli argomenti sono, ovviamente, i soliti, quelli, cioè, di cui ho scritto e detto pubblicamente innumerevoli volte, la pretesa che io trovi un escamotage per sottrarsi al trattamento sperimentale ormai diventato rituale, che riveli il segreto per eliminare gli effetti collaterali del cosiddetto vaccino o altre amenità consimili. Vabbè: ormai contro i fastidi di queste patologie psicosociali sono immunizzato.
L’altro ieri, però, a scampanellare alle 14 non era qualche “tifoso”. Alla porta o, per essere più precisi, sulle scale, c’erano tre individui mascherati, uno dei quali brandiva un grosso microfono, un altro imbracciava una telecamera e il terzo, chissà, forse era quello che sapeva leggere e scrivere.
A loro dire, si trattava di tre inviati di una rete televisiva nazionale, una di quelle alle quali noi mammelluti contribuenti da latte versiamo un po’ più di qualche spicciolo per farci raccontare le favole della buonanotte.
Mi viene ficcato in microfono quasi in bocca e il “giornalista” strilla la prima domanda: “Che ne pensa di Beppe Grillo?”
In un lampo, mi sovvengo di un personaggio un po’ sovrappeso, di cultura poco ingombrante, dall’accento che ricorda il mai abbastanza compianto Gilberto Govi. Che ne penso? E perché dovrei dedicare tempo e fosforo per pensare a un personaggio che ho freudianamente cancellato dalla mente? E poi, quale mai sarà l’interesse di una TV di avere la mia opinione in proposito?
Non avendo tempo da perdere, chiudo la porta senza rispondere.
I tre, però, non demordono e restano accampati davanti alla porta del laboratorio: se la tibbù ha dispiegato le sue forze è perché il popolo italiano è impaziente di avere il mio parere in tema Grillo.
Intorno alle 17 mia moglie esce dal laboratorio per accompagnare una persona fino alla sua automobile. Ecco, allora, che i tre, ancora in paziente attesa di dare esito all’agguato, si precipitano arditamente verso di lei: “Che ne pensa di Beppe Grillo?” E non è finta qui: “E’ vero che i prodotti che fate sono in alternativa ai vaccini?” C’è di più: “E’ vero che la curcuma cura il Covid?” Non essendo certa che sia attivo un pronto soccorso psichiatrico, mi moglie rientra in laboratorio senza rispondere.
Dopo poco esco pure io, e i tre non perdono l’occasione: “Grillo, i prodotti in alternativa ai vaccini e la curcuma.” Me ne vado senza rispondere.
Il mattino seguente, poco dopo le otto e mezza arrivo in laboratorio. I tre sono appostati. Le domande. Io non rispondo. Si aggirano ancora un po’ davanti all’ingresso e poi scompaiono. L’auto di mia moglie ha uno sgorbio sulla fiancata: capita.
La sera, chiudo e torno a casa. Davanti alla mia porta, manco a dirlo, i tre: “Grillo, i prodotti e la curcuma.”
Stamattina non abbiamo ancora avuto visite. Chissà: magari la tibbù sta già montando un servizio in cui “dimostra” che io sto preparando un attentato ai danni di Grillo ragionier Giuseppe Piero, che spaccio droghe mirate a convincere il popolo che i vaccini sono veleno e che il mio curcumeto abusivo prospera ai danni dei moribondi di Covid.
Avanti il prossimo!
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