Il regime di cui siamo bestiame essenziale, anche se, a quanto pare, troppo numeroso e quindi da sfoltire, ha reintrodotto il vecchio reato di lesa maestà. La novità è nelle nuove figure intoccabili: non più l’imperatore, il re o il papa, ma giù fino ai sindaci e perfino a società provate che rivestono una certa importanza negli affetti dei “politici” e a personaggi che pontificano, giudicano e condannano senza avere la più pallida idea dell’argomento su cui si esibiscono.
La resurrezione di quel crimine che si pensava azzerato dal concetto di democrazia dimostra al di là di ogni dubbio (se mai potessero ancora esistere ed essere espressi i dubbi) che basta ben poco, semplicemente ripetere a mo’ di giaculatoria una stravaganza qualunque per inzuppare i cervelli, e basta trasferire denaro sufficiente per modificare non solo la legge ma la scienza accettata dal regime e dal popolo.
Non ho alcuna intenzione di ripetere ciò che ho detto e scritto attraversando come potevo le maglie della censura, ma, sperando di non incorrere nelle terribili sanzioni previste dalla lesa maestà, vorrei semplicemente tentare di ricordare alcune delle ultime bizzarrie di cui sono sconcertato spettatore.
Della stramberia dei 30 km orari ho scritto qualche giorno fa e non intendo ripetermi. Ora, nel paesello in cui abito, assito ad un altro numero di arte varia messo in scena da un sindaco che non vuole assolutamente subire un distacco dai primi della classe. Parlo della cosiddetta raccolta differenziata dei rifiuti, un metodo di salvaguardia della salute trionfalmente applaudito da tanto popolo.
La premessa è la breve descrizione di quanto si è fatto fino a ieri. Ognuno di noi abitanti del paesello portava personalmente i propri rifiuti in alcuni gruppi di cassonetti collocati a distanze abbastanza agevoli dalle abitazioni. Ognuno di quei contenitori era destinato ad accogliere una determinata categoria di rifiuti, e, di fatto, la differenziazione era compiuta. Poi, quando i signori della ditta incaricata ne avevano fantasia, arrivava un camion a vuotare i cassonetti.
Ora il sistema si è modernizzato. A ciascun cittadino è stata consegnata una batteria di contenitori, ognuno dei quali destinato a ricevere una tipologia di rifiuto. Avrò pietà dei “tecnici” che scrivono ORGANICO su uno dei secchielli, ignorando che tutte le plastiche, con l’eccezione dei siliconi, sono materie organiche e, quindi, a rigor di chimica, devono finire in quei contenitori. Ma non si può certo pretendere che chi comanda sappia addirittura che cosa fa, dice e ordina, e guai a chi, infetto da qualche nozione di chimica, mescolasse le bucce di patata con un frammento di polistirolo. Sarebbe multato immediatamente, anche se non è chiaro in base a quale potere la sanzione potrebbe essere comminata. Comunque sia, facendosi beffe della cosiddetta privacy (ah, che bello esibirsi in una lingua sconosciuta!), tutta la nostra dotazione è contrassegnata da un codice a barre personale grazie al quale l’occhiuto controllore può rendersi conto e riferire a chi di “dovere” che prodotti acquisto, in che quantità e, magari, dove. Insomma, a mutande rispettosamente calate, io differenzierò ciò che già differenziavo, ma ora lo farò con soddisfazione della curiosità di regime, e ogni determinato giorno della settimana (abbiamo ricevuto un apposito calendario) metterò davanti alla porta quella tipologia, e solo quella, protagonista della giornata. Come farò quando sarò assente per qualche giorno lo ignoro.
Potrà essere divertente studiare il testo con l’elenco dei rifiuti e dei loro destini burocratici: un testo di merceologia scritto da un burlone. Personalmente, poi, ho molto apprezzato il tema degli sfalci. Occorre sapere che dove abito abbiamo quasi tutti un piccolo giardino con qualche albero, e, oltre al taglio dell’erba, di tanto in tanto potiamo qualche ramo. Per tutti questi vegetali c’è un contenitore personale apposito che non è consegnato subito, ma deve essere richiesto a parte. Essendo quel contenitore palesemente insufficiente per capacità, occorrerà ogni volta telefonare per farsi mandare a casa un camioncino che, con l’efficienza che ci è ben nota, si farà carico di tutto. Attenzione, però: in nessun caso i ramoscelli dovranno toccare il centimetro di diametro e i cinquanta centimetri di lunghezza. Ligio al dovere, ho già acquistato un metro e un calibro, e mi dedicherò con entusiasmo a misure, scelte, e amputazioni. Va da sé che i rami di diametro superiore al centimetro dovranno essere tagliati longitudinalmente, il che potrebbe porre qualche problema per chi non è esperto di falegnameria o di scultura lignea.
Ora, il capolavoro: se fino a ieri arrivava ogni tanto UN camion che svuotava i cassonetti già differenziati, adesso i nostri geniali amministratori fanno arrivare quotidianamente dei camioncini che si fermano davanti ad UNA porta, naturalmente mantenendo il motore acceso, dovendosi spostare di una ventina di metri per attuare la raccolta successiva. Poi altri venti metri, altri venti, altri venti...
È ovvio che, prescindendo dai costi che certo non interessano chi maneggia il nostro denaro e con quello viene pagato qualunque cosa accada, un sistema del genere provoca un inquinamento da gas di scarico combusti e non che prima non esisteva. Le conseguenze a livello sanitario sono in linea con lo sfoltimento della popolazione così caro a chi comanda davvero e, per noi italiani, ben illustrato dal professor Roberto Cingolani poi ministro, nel lontano 2014 (https://www.radioradio.it/2022/08/video-shock-riduzione-popolazione-parole-horror-cingolani/).
Grazie a tutti gli elettori!
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