“Sutor, ne ultra crepidam!”
Chissà quanti sono oggi i reduci capaci di tradurre questa esortazione latina, peraltro di solito e come in questo caso mal citata, essendo l’originale “Ne supra crepidam sutor iudicaret” risalente allo storico Valerio Massimo, vissuto a cavallo tra la fine del primo secolo a.C e il primo d.C. il quale l’attribuisce, almeno come concetto, al pittore greco Apelle, attivo più di trecento anni prima.
Letteralmente, la frase invita il calzolaio a non andare oltre le scarpe, vale a dire, rivolgendosi a tutti, a non parlare di argomenti sconosciuti. Se lo si diceva quando il latino e il greco antico erano lingue correnti, significa che c’era chi anche allora, e potremmo forse dire da sempre, si esprimeva al di fuori delle proprie conoscenze. Atteggiamento pericoloso, visto che avvicinarsi ai propri confini o, peggio ancora, valicarli espone al ridicolo. O no? Beh, forse no. Forse è addirittura un lasciapassare per il successo. Per un certo successo.
Assistendo a tante esibizioni pubbliche oggettivamente stravaganti, e constatando come queste siano magicamente trasformate in verità sulle quali è addirittura vietato discutere, è impossibile non accettare i fatti: stanno vincendo loro, i calzolai sproloquianti.
Credo che ormai abbiamo fatto il callo ai “politici”, ai “giornalisti” e perfino a una certa categoria di “medici”, ma, evidentemente, come si dice in gergo sportivo, “si vuole mettere in ghiaccio la partita”, cioè la si vuole chiudere, naturalmente con una vittoria possibilmente schiacciante. Ed è proprio mobilitando le figure del mondo sportivo, naturalmente quelle che si prestano, che si vuole dare la stoccata finale.
Così abbiamo visto personaggi come Roberto Mancini, cittì della Nazionale di calcio, fare da testimonial per qualcosa su cui, in un momento in cui forse non si era reso conto di che parte fosse opportuno recitare, si era espresso in modo ben diverso. Con lui, con la sua posizione di oggi, si affolla una schiera di altri sportivi. Dando per scontato che ognuno deve godere della libertà di comportarsi come preferisce, e altrettanto per scontato che la dignità è un concetto del tutto personale, ora mi capita di assistere alle esibizioni da ciabattino che non parla di scarpe di Fabio Capello, buon calciatore del passato e allenatore un tempo di successo, e di Mauro Berruto, proteiforme personaggio che ha lasciato impronte nella pallavolo, nel tiro con l’arco, nel business, nella scuola e ora, inevitabilmente, in politica.
Lungi da me condannare. Giudicare, però, sì: ne ho diritto. E il mio giudizio, se avesse mai qualche significato, non porterebbe ad un’assoluzione. Questo non fosse altro che proprio perché nessuno di quei personaggi ha la competenza minima per esprimersi, e forse non ha idea di quali siano le conseguenze della loro azione. Naturalmente, io sono pronto a ricredermi e a fare pubblica ammenda per il mio errore, ma solo a patto che costoro siano disponibili ad un confronto, in mancanza del quale il mio giudizio, sia chiaro, senza condanna, rimane.
Per chi non lo avesse capito, parlo di "vaccini" e "vaccinazione", argomenti che da oltre mezzo secolo fanno parte dei miei interessi non da ciabattino farneticante. Chi ha dati propri diversi dai miei si faccia avanti.
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