Una delle risposte che i “virologi” partoriscono quando sono in difficoltà se qualcuno riesce ad abbozzare un discorso (di solito, subito censurato) sul “virus” e, di fatto, la difficoltà c’è sempre, è “lei non è un medico e, quindi, non può parlare.”
È evidente che questi poveretti annaspano. Ignoranti? Sì, e non ci sono dubbi, ma non ignoranti fino al punto di sostenere le enormità che sostengono. Chi ne ha voglia, esprima la propria opinione o, per evitare guai, la pensi.
A questo punto, puntualizzo.
Nel loro corso universitario, i medici studiano la chimica in modo che mi limiterò a definire superficiale e, per questo, le loro conoscenze in quella disciplina sono dilettantesche. A causa di ciò, non capiscono fino in fondo la farmacologia, affidandosi alla fede indotta e coltivata dagli apostoli della divinità farmaceutica (money makes the world go ‘round). Così, se si dovesse abbracciare la filosofia dei “virologi”, i signori medici non potrebbero prescrivere farmaci. Il che, detto a margine, salverebbe innumerevoli vite.
Un’altra puntualizzazione necessaria coinvolge anche i signori medici che hanno l’ardire di porsi qualche domanda sul “vaccino” (virgolette). Di norma, costoro definiscono il liquido come “sperimentale”, e questo nella loro totale ignoranza in tema di tecnica farmaceutica. Molto in breve, per entrare nella fase sperimentale, un farmaco deve necessariamente superare una serie di prove non proprio di tutto riposo, per poi entrare, alla fine, in uno stadio di sperimentazione in cui si valutano per comparazione gli effetti del prodotto che si desidera poi commercializzare. Per informazione dei signori medici, questa fase è regolata da norme ferree senza deroghe. Nulla di tutto ciò è stato fatto, e chi definisce il liquido come sperimentale gli regala una nobiltà che non gli compete. Quindi, semplicemente, quella roba è un prodotto di cui la magistratura farebbe bene ad occuparsi
Da ultimo, e sempre sorvolando su non pochi giochetti di cui si serve con successo il regime, la storiella della “comunità scientifica.”
Nella loro immaginazione, politici, giornalisti e magistrati, per non dire del gregge, evocano questa figura, peraltro mai vista da nessuno ma non per questo rifiutata con una risata, credendola, magari in buona fede, essere la detentrice della verità, una verità assoluta al riguardo della quale ogni dubbio diventa blasfemo e punibile. Chi volesse leggere l’art. 21 e l’art. 33 della defunta Costituzione avrebbe materia per meditare.
Non vorrei deludere queste esimie categorie rivelando loro che non solo la “comunità scientifica” non esiste, ma, se esistesse un mostro del genere, potremmo scrivere a buon diritto il necrologio della scienza.
Piaccia o no, la scienza esiste perché c’è dibattito, vale a dire disaccordo, e ogni scienziato è tenuto ad esibire i risultati delle sue ricerche e a discuterli con chiunque li metta in dubbio, non chiacchiere ma altri risultati alla mano. L’onestà assoluta è indispensabile, in mancanza della quale o anche solo in presenza di strappi minimi, non si è più nel terreno della scienza.
Le certezze scientifiche esistono, ma sono ben poche, e certo non sono quelle di cui blaterano grottescamente le categorie di cui sopra. Proprio oggi sentivo una registrazione vecchia di un anno di un’intervista che Bruno Vespa, la star televisiva con tutti i crismi per occupare il video, fece a Luca Teodori. Teodori presentava dati oggettivi sul “morbo”, e Vespa, con sprezzo del ridicolo, diceva, ovviamente senza fornire dati, che “la comunità scientifica non è d’accordo.” Ammetto che Vespa non mi diverte nemmeno più, soprattutto se penso che lo paghiamo noi, ma ascoltarlo, seppure a dosi omeopatiche per evitare intossicazioni, può essere utile per rendersi conto del livello di cottura al quale siamo arrivati per nostra pigrizia.
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